La storia di un rametto di mimosa, stanca di essere solo un regalo, è lo spunto per realizzare “un albo originale – dice Patrizia Zerbi di Carthusia – dedicato alle donne e alle bambine per ricostruire con leggerezza una memoria storica preziosa ma soprattutto per ricordare loro l’importanza di credere in se stesse, lottare per i propri diritti e sentirsi libere, ovunque e sempre”.
Arriva dai colori di uno dei primi fumettisti cinesi questo albo senza parole che, ripercorrendo quanto ha vissuto l’autore nella sua infanzia, racconta di un bambino che si ritrova improvvisamente, circondato da mostri, in mezzo ad una tempesta ed è terrorizzato. Troverà un aiuto inaspettato in una maschera che, una volta indossata, gli permetterà di vincere la paura.
La storia di due amici e del loro viaggio, un cammino difficile, costellato di ostacoli e aggressioni, che affianca quello di tanti migranti cui non sempre è riservato un lieto fine come sarà per i due animali protagonisti. L’albo si ispira a quanto accade sulla cosiddetta rotta balcanica percorsa ogni anno da migliaia di profughi che la scelgono per raggiungere l’Europa in alternativa al viaggio per mare.
“L’idea chiave di queste pagine è nella proposta di alcuni suggerimenti, deliberatamente non sistematici, per la lettura e l’ascolto consapevoli. Una lettura e un ascolto capaci di fare intuire in un discorso, al di sotto della cortina di parole, la struttura che lo sorregge e gli eventuali difetti che lo rendono pericoloso. Una lettura e un ascolto che colgano le parole di troppo e quelle oscure, equivoche o imprecise”. Scrivere bene, in ogni campo, ha un’attinenza diretta con la qualità del ragionamento e del pensiero. Implica chiarezza di idee da parte di chi scrive e produce in chi legge una percezione di onestà.
“Cambiare i limiti di ciò che può essere detto cambia insieme i limiti di ciò che può essere fatto: ci abituiamo alla mancanza di attenzione sulle parole, che rende più accettabile la mancanza di vigilanza sulle azioni. Il silenzio, l’indifferenza e la superficialità con cui spesso accogliamo gli usi offensivi di altri corre il rischio di trasformarsi in consenso, approvazione e legittimazione – e muta noi in complici e conniventi”. Una riflessione su quello che è diventato comune chiamare hate speech diventato ancor più d’attualità con il diffondersi dei nuovi media: commenti sessisti, insulti razzisti e attacchi omofobici hanno trovato un ambiente ideale per esprimersi online, dove spesso mancano mediazioni, filtri o (auto)censure.