Albero, tavolo, libro
“La mia migliore amica ha ottantotto anni. La mia migliore amica si chiama Sophie Gershowitz”. È un’altra Sophie che racconta del profondo legame che la lega alla vicina di casa con cui condivide merende, giochi e confidenze. I vuoti di memoria e le distrazioni dell’anziana donna però fanno capire al figlio che non può più vivere da sola ed è tempo che sia assistita adeguatamente in una struttura. Ma Sophie piccola non ci sta e, aiutata da un manuale di medicina, la sottopone a numerosi test per dimostrarne la lucidità. Proprio da uno di questi test che le richiede di ricordare alcune parole dopo qualche minuto, scaturiscono i ricordi di un’infanzia vissuta nella lontana Polonia, segnata da povertà, persecuzioni razziali, distacchi dolorosi fino ad una insperata salvezza. Una salvezza che però non comprende tutta la sua famiglia ma solo lei, la più piccola, unica sopravvissuta allo sterminio.
Fuga nella neve
Angelo e Lidia sono cugini, lui ha undici anni e lei sette. Oltre la parentela, li accomuna il fatto di essere ebrei. Dopo aver già dovuto rinunciare alla scuola e ad essere liberi, si troveranno a dover rinunciare ai loro nomi e all’abbraccio dei genitori che, per salvarli, li lasceranno nelle mani di amici fidati. I due bambini intraprendono un viaggio tortuoso che li porterà, prima insieme e poi separati, sulle montagne a nord del Piemonte, accolti da donne e uomini coraggiosi che per proteggerli rischiano la vita. Faranno nuove amicizie, arriveranno a capire in che mondo stanno vivendo e da che parte stare. Sempre nell’attesa che tutto finisca e si possa di nuovo stare tutti insieme.
La bambina con la grande mano verde
Lenore è nata con una grande mano verde. Per fortuna è la mano sinistra e può nasconderla sotto una sciarpa di lana. “Ogni notte sognava tutte le cose che avrebbe fatto se soltanto non avesse avuto quella GRANDE mano verde”. Quando si trasferisce teme che i nuovi compagni di scuola si accorgano della sua mano e che la prendano in giro. Mentre si prepara ad affrontare il primo giorno nella nuova scuola, la mano verde comincia a parlarle e le mostra le cose da un altro punto di vista. “C’era una volta una stupenda mano verde che era nata con una piccola escrescenza rosa” …
Il colore dei nostri giorni
“Ieri papà ha picchiato la mamma. Era un giorno normale, reso plumbeo soltanto dal colore del cielo e dalle urla. Un giorno grigio. Grigio come il cuore degli indifferenti”. Dalla voce di Lyra, quindici anni, scaturisce un racconto di violenze subite, di silenzi e di richieste di aiuto arrivate troppo tardi. Un piccolo libro prezioso che porge una mano a quante non riescono a trovare il coraggio e le risorse necessarie per salvarsi e. spesso, vengono ignorate da chi sfiora la loro vita ma allontana lo sguardo.
Salto mortale
“Io gli altri bambini non li sopporto. Quasi li odio. Li odio perché ti guardano negli occhi, perché fanno correre le macchinine per terra invece di girare le ruote, perché dicono frasi lunghe e complesse […] non sopporto quello che vedo. Durante la festa di Natale me ne sto in un angolo a osservare il mio fratellino, che è autistico. È così chiaramente, innegabilmente, incredibilmente autistico che non riesco a respirare. È tutto quello che c’era scritto sulla relazione dello specialista […] e in questo preciso momento mi sembra che l’autismo se lo sia inghiottito, e non vedo altro […] Penso a Eiki perché non sopporto che la gente parli di mio fratello. Non sopporto che la gente sia cattiva con lui, solo perché ha la possibilità di farlo. Perché lui non è in grado di difendersi. Ma soprattutto penso a quando mi vergogno di lui […] E odio vergognarmi di lui. Perché lui è Eiki ed è meraviglioso. Eppure mi vergogno un casino”. È Álfur che racconta di sé, dei suoi desideri e dei suoi sogni mentre la famiglia pare affondare dopo la diagnosi di autismo del fratellino che lui non accetta per niente ma di cui non riesce a parlare neanche con il suo miglior amico. Sarà un percorso doloroso quello che lo porterà a capire e ad amare il piccolo per quello che è.