Oltre il velo di Maya della disabilità
“Per un educatore, il velo di Maya si compone di diversi elementi, quali una certa narrazione della disabilità, un’immagine precostituita della persona con disabilità, una tecnica che diventa tecnicismo e acquista una dimensione fortemente sanitaria”. Con l’obiettivo di sollevare questo velo, l’autore, partendo dalla sua esperienza, propone una riflessione sulla formazione e il lavoro degli educatori che intreccia l’impegno sul campo agli aspetti più teorici.
Autistiche
“Ho sempre saputo di essere autistica. Eppure non ne avevo idea […] ci sono convinzioni molto diffuse a proposito degli uomini con autismo, ma la donna autistica è un soggetto ancora sconosciuto del nostro tempo […] una donna autistica che può scrivere una tesi di laurea in filosofia teoretica ma che ha bisogno di fermarsi a riflettere quando taglia una fetta di pane è una figura rara nell’immaginario collettivo. Che colleziona tazze da tè e si riposa per un giorno intero dopo aver incontrato i suoi amici. Che ama gli animali ma evita il contatto visivo. Questo libro parla di lei. Delle donne con autismo ad alto funzionamento”. L’autrice, a partire dalla propria esperienza di donna autistica, accompagna alla scoperta della storia culturale dell’autismo al femminile, mettendo in discussione gli standard della medicina e la visione più comune della normalità e della divergenza.
Le contraddizioni dell’inclusione
“Qual è attualmente la situazione dei Servizi, dei contesti e dei territori in cui si lavora per l’inclusione, per la vita autonoma delle persone con disabilità? E cosa significa promuovere, oggi, da lavoratori dell’educativo e del sociale, autonomia individuale? […] come vivono i professionisti (educatori, pedagogisti, operatori sociali, assistenti sociali, psicologi, ecc.) le contraddizioni che l’inclusione comporta? E quale formazione, iniziale e in servizio, li può supportare non solo per lavorare entro queste contraddizioni ma anche per consentire loro di “fare la differenza”, in qualche modo?” Il libro tenta di dare risposta a queste e a molte altre domande.
Frollino, il mio bambino magico
“Cosa significa avere un bambino con la Sindrome di Cockayne? […] avere Roberto fra le braccia è la cosa più poetica, più dolce che io abbia mai provato. La sua è una vita piccola, minuscola, lo so, non durerà come una vita normale, non potrà fare quasi nulla di quello che una vita normale fa. Al contrario, farà il minimo, sarà una vita minima. Però, in queste sue pochissime potenzialità, Roberto forse potrà provare dei sentimenti […] vale forse meno una vita del genere? Quella di mio figlio è una vita in miniatura […] ma merita l’immensità di ogni istante”. Dalle parole della madre, la storia di una famiglia e del secondogenito nato con una malattia genetica rara e degenerativa.
Scrivere bene per includere… meglio
“Cercare un linguaggio inclusivo significa avere una visione globale della fruibilità di un testo in relazione ogni volta ai propri destinatari, coniugando leggibilità e comprensibilità, categorie indipendenti e interconnesse”. Se ne occupano in particolare la linguistica che, partendo dal testo, ne verifica il grado di leggibilità e la neuropsicologia che parte, invece, dalle capacità della persona di leggere e comprendere un testo. Il tema dell’inclusione viene associato anche alle tematiche di genere e quindi all’uso di particolare attenzione o di simboli grafici per evitare le desinenze maschili e femminili. Ma in entrambi i casi questo porta a testi complessi e di difficile leggibilità e comprensione. Quali sono le caratteristiche di leggibilità e comprensibilità di un testo, in particolare di un testo scritto, che lo rendono inclusivo?