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Autore: Annalisa Brunelli

Albero, tavolo, libro

“La mia migliore amica ha ottantotto anni. La mia migliore amica si chiama Sophie Gershowitz”. È un’altra Sophie che racconta del profondo legame che la lega alla vicina di casa con cui condivide merende, giochi e confidenze. I vuoti di memoria e le distrazioni dell’anziana donna però fanno capire al figlio che non può più vivere da sola ed è tempo che sia assistita adeguatamente in una struttura. Ma Sophie piccola non ci sta e, aiutata da un manuale di medicina, la sottopone a numerosi test per dimostrarne la lucidità. Proprio da uno di questi test che le richiede di ricordare alcune parole dopo qualche minuto, scaturiscono i ricordi di un’infanzia vissuta nella lontana Polonia, segnata da povertà, persecuzioni razziali, distacchi dolorosi fino ad una insperata salvezza. Una salvezza che però non comprende tutta la sua famiglia ma solo lei, la più piccola, unica sopravvissuta allo sterminio.

Fuga nella neve

Angelo e Lidia sono cugini, lui ha undici anni e lei sette. Oltre la parentela, li accomuna il fatto di essere ebrei. Dopo aver già dovuto rinunciare alla scuola e ad essere liberi, si troveranno a dover rinunciare ai loro nomi e all’abbraccio dei genitori che, per salvarli, li lasceranno nelle mani di amici fidati. I due bambini intraprendono un viaggio tortuoso che li porterà, prima insieme e poi separati, sulle montagne a nord del Piemonte, accolti da donne e uomini coraggiosi che per proteggerli rischiano la vita. Faranno nuove amicizie, arriveranno a capire in che mondo stanno vivendo e da che parte stare. Sempre nell’attesa che tutto finisca e si possa di nuovo stare tutti insieme.

Neurodivergenze: dall’intervento clinico all’inclusione sociale

Le autrici si propongono di “cercare di conciliare il modello medico-clinico e quello sociale, riconoscere il significato, la storia e il funzionamento di ognuno e indicare una via per cui l’intervento sia rivolto ad acquisire ciò che realmente può essere appreso e rendere i contesti più preparati ad accogliere e lavorare sulle differenze […] si deve lavorare perché scuola, contesti sociali e ambienti lavorativi si modifichino e interagiscano con le divergenze, riconoscendo il loro diritto a una vita nei contesti esistenti”.

Dislessia e metafore

“La metafora permea la nostra comunicazione e non è licenza esclusiva dei poeti: la ritroviamo nella cronaca, nella narrativa, nelle conversazioni quotidiane e nei testi disciplinari […] è da sempre considerata uno strumento per la scoperta, che consente di comprendere e ricordare concetti astratti”. Ma le persone con disturbi specifici di apprendimento possono trovare difficoltà nel comprendere il linguaggio figurato che può portare ad un sovraccarico della memoria di lavoro e a compromettere la comprensione. Il testo, dopo aver esaminato le caratteristiche principali della dislessia e approfondito alcune teorie della comprensione delle metafore, propone alcuni modi alternativi di introdurle nella didattica perché non rappresentino un ostacolo ma diventino elemento di forza e di coinvolgimento attivo.

La città autistica

“Il progetto di città autistica non riguarda solamente dimensioni sociali e culturali, e non si riduce alla necessità di educare e far maturare una cittadinanza tollerante, inclusiva, informata e aperta alle molteplici forme della neurodiversità, o di garantire alle persone autistiche l’accesso a spazi, risorse, esperienze e servizi. Il progetto ha una dimensione politica assai più radicale che riguarda l’invocazione di un diritto alla città, l’orgogliosa affermazione di una presenza e di una differenza, il confronto fra modi radicalmente diversi di fare le cose o di vivere lo spazio urbano. Intendere la città autistica come questione politica chiama direttamente in causa il tema delle identità e dei processi di soggettivazione, cioè di costruzione di posizionamenti sociali e di modi di intendere se stessi, di riconoscersi e di rappresentarsi. Occorre quindi affrontare il tema della collocazione delle persone autistiche nello spazio pubblico e in quello politico della città, della negoziazione sociale della differenza e dei processi che, in maniera più o meno esplicita e anche violenta, insistono sulla sua normalizzazione”. Alcune proposte provocatorie, una sorta di manifesto con principî generali per immaginare realtà urbane più semplici e sostenibili, non solo per chi vive una condizione di neurodivergenza.