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Autore: Annalisa Brunelli

Terremoto!

“Vorrei narrare la furia della terra,
l’inferno scatenato all’improvviso
quando natura la frustata sferra
togliendoti dagli occhi ogni sorriso.
Le bestie che ululavano, le mura
che volavano impazzite come onde,
maree da cui cresceva la paura
di chi ti chiama e di chi non ti risponde.
Così diventa la terra che si arrabbia
forte ti schianta il cuore dentro al petto
venti secondi e lei trasforma in sabbia
ciò che da sempre ti ha cullato e ti ha protetto”.

Solo un assaggio per un bellissimo libro che Arianna, che già lavorava con il Comune di Crevalcore prima del sisma del 2012, ha voluto dedicare a quei luoghi e a quella gente. L’ha scritto di getto in treno, al ritorno da una visita alla tendopoli, nei giorni immediatamente successivi al terremoto, e con grande caparbietà ha cercato un editore che glielo pubblicasse nel minor tempo possibile. Ha presentato il suo progetto alla casa editrice Lapis che ha immediatamente accettato la scommessa e con grande disponibilità ne ha permesso la pubblicazione a tempo di record. Tutti i diritti derivanti dalla vendita di questo libro andranno a finanziare la ricostruzione della biblioteca scolastica di Crevalcore.

Sotto il cielo di Buenos Aires

Una storia chiusa in un cerchio ideale che parte dall’Abruzzo del 1952, da cui Ines parte con la famiglia per raggiungere l’Argentina nella speranza di una vita migliore, che passa per gli anni della dittatura e si conclude ai nostri giorni di nuovo in Abruzzo, dove un’altra Ines scopre la verità sui desaparecidos e i bambini rapiti e adottati da persone vicine al regime. E scopre anche la lotta senza cedimenti di madri che pretendono la verità e di nonne alla ostinata ricerca dei nipoti perduti.

La bambina, il cuore e la casa

La piccola Tina vive con il padre e la nonna a molti chilometri di distanza dalla bella villa dove stanno la sua mamma triste e il fratello di poco più grande. Una separazione decisa dai grandi e legata al deficit del fratello, una decisione che Tina non può capire e che non accetta. La sua insistenza, le sue domande e il suo amore le permetteranno di raggiungere i cuori addolorati di due genitori che non sanno affrontare e accettare la disabilità del figlio.

Dove le strade non hanno nome

“Ho tredici anni e so cos’è il sangue. So cosa significa perdere qualcosa o qualcuno. So che odore ha un cadavere. Che forma ha un corpo schiacciato sotto un carro armato. Quanta polvere può sollevare una ruspa spietata. Presto il Muro verrà terminato. Intere zone di Betlemme saranno completamente deserte. I negozi chiusi, le case abbandonate, le strade vuote, le scuole tagliate a metà. Vivo in una prigione a cielo aperto.
Ma non ho intenzione di vivere nella disperazione. Perchè ho tredici anni e so anche questo.
Che finchè ci sarà vita, ci sarà anche amore. Che imparerò ad amare la mia immagine nello specchio, così come ho imparato a sorridere quando penso a Maysaa. Che il passato può portare sia tormento che guarigione. Che non mi accontenterò di sopravvivere. Che alla fine tutti noi siamo soltanto esseri umani che ridono allo stesso modo. E so che un giorno il mondo si renderà conto che vogliamo semplicemente vivere come un popolo libero, con speranza e dignità e uno scopo”.
Uno spaccato della vita nei territori occupati dagli insediamenti israeliani, all’ombra di un muro che tenta di separare l’inseparabile, una voce bambina che rivendica il diritto alle proprie radici, al proprio passato, alla propria storia e anche ad avere un futuro.

Uno barra ventiquattro

Programmatore informatico, modenese di origini ma bolognese di adozione, disabile dalla nascita, nel suo libro l’autore descrive e commenta la sua giornata, sul filo dell’ironia e della leggerezza.