Il testo affronta le problematiche legate ad un deficit che di solito compare in età evolutiva ma che, senza un trattamento adeguato, può essere presente lungo tutto il ciclo di vita e suggerisce interventi efficaci e adeguati alle diverse fasce d’età.
«D’un tratto, una forma misteriosa. Uno strano uccello macchia l’azzurro luminoso di fine estate. E ne appare un altro e un altro ancora. Noah li guarda a bocca aperta, incapace di comprendere cosa sia a guastare l’aria, il cielo, il suo cielo chiaro e piccolo. Povero Noah, che non sa, che non capisce. Fortunato, per meglio dire, perché non conosce cosa sia un bombardamento, perché non ha la minima idea che la Germania, i nazisti, Hitler, stanno invadendo il suo paese, la sua città, la sua casa. Benedetto il piccolo Noah, che non capisce cosa siano quegli strani uccelli, quegli aerei, la guerra». Cracovia, 1939. La Polonia è appena stata invasa. Qui vive il piccolo Noah che non parla e sembra indifferente a tutto e che non si separa mai dal suo aquilone. La sua è una famiglia disgregata, in cui l’unico a occuparsi di lui è suo fratello Joel che resisterà fino all’ultimo per proteggerlo.
11 marzo 1939 – 17 dicembre 1945: fra queste due date che segnano l’inizio e la fine di questo libro ci sono sei anni. Ma non sono stati sei anni qualsiasi per migliaia di persone fra le quali troviamo un ragazzino ebreo che a nove anni viene internato a Terezin insieme alla famiglia e che riesce a salvarsi. È la storia dell’autore che l’ha ripercorsa insieme a Hasak-Lowy che ce l’ha raccontata e che dice: “Michael non poteva sapere che un giorno le sue esperienze sarebbero state raccontate per sensibilizzare le persone, per impedire che una cosa del genere succedesse di nuovo. Michael semplicemente viveva, momento per momento. E quindi il mio obiettivo era quello di ricreare quei momenti e di rendere le sue esperienze il più possibile immediate, vivide e, in un certo senso, reali […] Scrivere il libro mi ha aiutato a ricordare. Immaginare cosa significasse essere Michael Gruenbaum in quegli anni mi ha permesso di capire, quasi per la prima volta, come stessero realmente le cose. Non si trattava più della Shoah, ma di un ragazzo che osservava il mondo trasformarsi da sogno a incubo. Un ragazzo che il giorno prima rideva e prendeva a calci un pallone con i suoi nuovi amici, e quello dopo li vedeva sparire”.
Tollo e Tessa, due scoiattoli stanchi di dover guardare tutti e tutto dal basso all’alto, decidono di andare alla ricerca di un luogo che gli permetta di cambiare prospettiva. Il racconto di questo viaggio, e l’incontro con l’enorme Grizzly che decide di accompagnarli invece di mangiarseli, è l’occasione per far riflettere i piccoli lettori sull’unicità di ciascuno e sulla giusta importanza da dare all’aspetto fisico. L’albo è stato pensato insieme ad alcuni ragazzi dell’associazione Aisac, associazione per l’informazione e lo studio dell’acondroplasia, il cui presidente dichiara che “la statura non misura né la crescita né il valore di una persona, perché diventare grandi è un viaggio che tutti devono compiere”.
Dopo aver realizzato un enorme pupazzo di neve nel giardino di una casa abbandonata, utilizzando anche i cocci di una bottiglia e un vecchio cellulare, Jack, Ryan e Sam ricevono un sms nella notte che li sfida a tornare nel giardino. È l’inizio di una notte spaventosa, il pupazzo di neve si muove e cerca di aggredirli e i tre ragazzini dovranno mettere in campo tutte le loro risorse per sfuggirgli. Il libro utilizza criteri di alta leggibilità che lo rendono accessibile a tutti.