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Mese: Maggio 2013

Macchia, la ragazza mal disegnata

Un breve albo illustrato, accompagnato da poche righe di testo per raccontare il disagio di un corpo che cambia e la difficoltà che hanno tutte le adolescenti  ad accettarsi. Lo sguardo di Macchia scorre sulle tante ragazzine che si lamentano dei capelli, dell’altezza, del peso che confronta con se stessa e il suo essere mal disegnata (e lo è davvero!), per concludere che “non gliene importa niente!”

Conosci Giovanna?

Due bambine a confronto, l’una, sorridente e affettuosa  e l’altra scorbutica e dispettosa. Entrambe si chiamano Giovanna  e tutto sommato pare abbiano  davvero poco in comune, a parte il nome. Eppure “Giovanna vuole bene a Giovanna così com’è …. E anche Giovanna!” Fin dalla prima doppia pagina, mentre scopriamo le caratteristiche delle due bambine, ci viene suggerita una doppia lettura: saranno davvero due le bimbe, alla scoperta di un modo di stare insieme e fare amicizia, anche se così diverse? Oppure Giovanna è una sola e deve imparare a convivere con i lati positivi e negativi del suo carattere?

In fuga con la zia

“Sara posò lo sguardo sul paesaggio sconfinato e deserto che scorreva davanti al finestrino. Non sapeva più chi fosse matto e chi non lo fosse. Sua mamma era matta? Zia Ubalda era normale? E lei cos’era?”. La storia di una ragazzina che cerca con grande determinazione la strada per arrivare a far capire ai genitori, alla madre in particolare, quanto è importante saper osservare e ascoltare per capire davvero gli altri. E quanto sia sottile la linea che separa la vera comprensione dalla convinzione di saper sempre cosa fare solo perché ci si considera adulti responsabili e senza disabilità. Ubalda saprà dimostrare, con l’aiuto di Sara, che sa perfettamente cavarsela da sola, anche se viene considerata solo una povera ritardata. “E invece sì – si ostinò zia Ubalda – io so benissimo quello che pensi: Ubalda è handicappata – pensi – e non deve comportarsi sempre in modo così strano. Io ti dò sui nervi. Credi che io non lo sappia, ma io so tutto-tutto-tutto” […] Ci volle un bel po’ prima che la mamma scostasse di nuovo le mani dal volto “Volevo…volevo semplicemente che tutti stessero bene – cercò di spiegare – volevo occuparmi di ogni cosa. “A volte si può esagerare in questo – osservò con garbo Irene”.

Nessun sa di noi

“Vorrei che il tempo si fermasse. Vorrei non dover prendere decisioni. Vorrei che Lorenzo rimanesse dentro di me per sempre. O che non ci fosse mai entrato […] non posso e non potrò mai comprendere che cosa è successo. E che da questo momento in poi, mi sarà solo concesso di guardare indietro”. Luce è una donna felice, in attesa del primo figlio. Ma poi qualcosa va storto, ad un controllo di routine si scopre che il bambino ha una gravissima malformazione, probabilmente incompatibile con la vita.  E bisogna decidere cosa fare, la gravidanza non è appena iniziata e non è più possibile ricorrere all’aborto terapeutico. Una storia dolorosa che dà voce a tutte quelle mamme che decidono di passare per questa via strettissima e che non sanno come raccontare il loro dolore.

Lettera ad una logopedista

Mentre immagina di scrivere alla sua logopedista, l’autore, sordo dalla nascita, ripercorre le tappe faticose che l’hanno portato a trovare una sua dimensione e a vedersi riconosciuto il diritto di scegliere la modalità a lui più congeniale per esprimersi e farsi capire, in un’epoca in cui si osteggiava il linguaggio dei segni e si pretendeva da parte di tutti l’acquisizione del linguaggio orale.