Buchi neri
Un racconto breve che fotografa con grande sensibilità le dinamiche familiari fatte di affetto e fatiche fra Lavinia che ha una mente è brillante ma non riesce a esprimersi bene e non è autonoma nemmeno nei movimenti e sua sorella Alice, a cui è unita da una connessione quasi telepatica, e che la aiuta nella gestione quotidiana. Vivono insieme alla madre, vedova, piegata dal quotidiano carico di dolore e responsabilità. Legami profondi fatti di affetto, empatia e vicinanza ma anche di desiderio di indipendenza e libertà da vincoli familiari non sempre facili.
La grammatica del bianco
“Damien partì dritto con uno dei suoi discorsi che con il tempo avrei imparato ad amare […] stavolta disse che un punteggio, in ogni caso, nel tennis e fuori, non è una valutazione. Le valutazioni sono una trappola, continuò, le qualità di una persona non sono misurabili. Siamo sempre noi stessi, Warren, noi non siamo i nostri risultati. Quando la maestra ti dà una A in matematica, non sta dando un voto a te. Non sta dicendo quanto vali tu, sta dicendo solo quanto valgono le cose che sai. Ai punteggi bisogna dare la giusta importanza, ai punteggi non devi consentire di sminuire una persona”. Il racconto della finale di Wimbledon del 1980 e della sfida fra Borg e McEnroe, raccontata da un ragazzino con deficit di attenzione che fa il raccattapalle al torneo.
La scomparsa dei colori
“Come tutto questo libro racconta, in oltre quindici anni la mia vista si è via via ridotta, passando da una forte miopia, corretta da occhiali o lenti a contatto, all’ipovisione, alla quasi cecità e, infine, alla cecità totale. Tutto ciò che descriverò, dunque, è in progressione. È la storia di una perdita […] il resoconto di una scomparsa progressiva, che cerco di colmare e di esorcizzare”. Un racconto autobiografico che testimonia una presa di coscienza e conoscenza insieme al racconto di un mondo nuovo e di nuove sensazioni.
Mi chiamo Daniele
“Ho avuto un tumore. E non voglio che mi guardiate così, d’altronde non è stato un dramma. Sono stati sei mesi ma io, per la maggior parte del tempo, dormivo o stavo rintronato. Non ho sofferto. Ho fatto qualche intervento alla testa, ho rischiato un po’ di volte di morire, eppure non ho mai pensato realmente alla morte”. Quando gli viene diagnosticato un tumore al cervello, l’autore ha 14 anni. In questo libro, a distanza di qualche anno, ripercorre il tempo del suo ricovero, dei numerosi interventi e dei tanti incontri fatti durante la sua degenza ospedaliera.
Oltre il velo di Maya della disabilità
“Per un educatore, il velo di Maya si compone di diversi elementi, quali una certa narrazione della disabilità, un’immagine precostituita della persona con disabilità, una tecnica che diventa tecnicismo e acquista una dimensione fortemente sanitaria”. Con l’obiettivo di sollevare questo velo, l’autore, partendo dalla sua esperienza, propone una riflessione sulla formazione e il lavoro degli educatori che intreccia l’impegno sul campo agli aspetti più teorici.