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Mese: Giugno 2013

Quando tornerai

“Stamani mi sono alzato all’alba per venire da te (e sai quanto amo dormire), perché giustamente sospettavo che più tardi camera tua  sarebbe stata sotto assedio. Mi sono seduto sul mio angolo di letto e ti ho letto le pagine sportive. Ti ho raccontato degli ultimi giorni e massaggiato le mani, ormai sono diventato bravissimo. Sia lodata la vasellina! Comunque, le tue dita non sono più rigide e fredde, e a volte mi sembra che tu risponda al mio tocco. Come oggi. Ero talmente sicuro che mi stringessi le mani che mi sono piegato su di te per guardarti negli occhi. O almeno guardare la minuscola fessura che generosamente ci concedi. I tuoi occhi erano immobili e fissi come quelli del pupazzo di un ventriloquo. Sì, Hannes, mi ricordi il pupazzo di un ventriloquo, perché mi parli ma non dici nulla. Eppure io ti sento lo stesso. Forte e chiaro. Però quando osservo i tuoi occhi che guardano senza vedere, il sospetto che tu stringa le mie mani svanisce all’istante. No, non stringi nessuna mano. Così come non sogghigni, ma la speranza è l’ultima a morire. Quando ho guardato il vecchio castagno davanti alla finestra mi sono accorto che le foglie stanno ingiallendo. Fa caldo e c’è il sole, ma l’autunno sta già annunciando il suo arrivo. I giorni volano e la vita passa e tu non la vedi. Tu non la vedi”.
Per  un anno, Uli scrive il resoconto della sua vita sotto forma di lettere che poi legge ad Hannes, immerso in un coma senza uscita, nel suo letto di ospedale. Con intensità e partecipazione ma anche con leggerezza e ironia, il romanzo racconta la profondità di un’amicizia e il dolore del distacco e della perdita.

Lo Stato siamo noi

“Tu parli l’italiano,
lei sa solo il dialetto,
io sono musulmano,
lui un cattolico perfetto;
[…]
Io non ho mai studiato,
tu scrivi sui giornali:
la legge dello Stato
però ci vede uguali.”
Una piccola raccolta di poesie, costruita insieme ai bambini di una scuola primaria, per raccontare a tutti i primi dodici articoli della Costituzione.

Hank Zipzer e le cascate del Niagara

“Un insegnante è venuto a casa nostra. Ha detto che potrei avere dei disturbi dell’apprendimento. Ha detto che il mio cervello potrebbe essere diverso”. “Siamo tutti diversi” ha detto Papà Pete – è quello che ci rende fantastici”. “Ma che cosa succede se il test dimostra che sono stupido?” “Nipote caro, non c’è niente di stupido in te. Non hai forse costruito quel progetto per la scuola? Non hai capito come costruire il cappello? Non hai sorpreso tutti quanti i miei amici alla sala da bowling? Tu sei un vincente, Hank”.
Hank frequenta la quarta elementare, è socievole, intelligente e creativo ma ha molte difficoltà quando deve impugnare la penna. Difficoltà non comprese dalla sua insegnante, la severissima signorina Adolf, che gli assegna un tema di cinque paragrafi sulle vacanze estive. Hank troverà una soluzione geniale per aggirare l’ostacolo che ha però esiti disastrosi se non fosse per la presenza del maestro Rock con cui deve passare il periodo di punizione.
Divertente e realistica, la storia di Hank riprende anche quella del suo autore, più noto come Fonzie, che ricorda “quando ero un ragazzo a New York City nessuno sapeva cosa fosse la dislessia. Mi dicevano che ero stupido e pigro, e che non sfruttavo le mie potenzialità. Era senza dubbio doloroso. Passavo la maggior parte del tempo a nascondere il fatto che leggere, scrivere, imparare l’ortografia, la matematica, le scienze –  praticamente tutte le materie tranne il pranzo – era realmente molto, molto difficile per me”.

Una mirabile avventura. Storia dell’educazione dei disabili da Jean Itard a Giovanni Bollea

Itard, Seguin, Montessori, via via fino Zavalloni e Bollea. Un percorso di conoscenza  e di analisi dei momenti, dei luoghi e dei personaggi che hanno fatto  la storia dell’educazione di bambini e ragazzi disabili, costruito intrecciando le voci dirette dei protagonisti con le analisi critiche di numerosi studiosi e utilizzando anche preziosi documenti d’epoca.

Io prima di te

“Avrei dovuto riempire quei piccoli rettangoli bianchi con un’interminabile serie di attività che potevano generare felicità, divertimento, soddisfazione o piacere. Avrei dovuto riempirli di qualsiasi esperienza positiva fossi stata in grado di scovare per un uomo che non poteva vivere una vita normale a causa delle sue braccia e gambe inerti. Avevo quattro mesi scarsi di caselle da infarcire di giornate all’aperto, gite, visite, pranzi e concerti. Dovevo escogitare qualsiasi sistema pratico per far sì che li vivesse, e fare ricerche sufficienti per assicurarmi che non fallissero. E poi dovevo convincere Will a provarci […] Avevo centodiciassette giorni per convincere Will Traynor che aveva una ragione per vivere”.