Quando tornerai
“Stamani mi sono alzato all’alba per venire da te (e sai quanto amo dormire), perché giustamente sospettavo che più tardi camera tua sarebbe stata sotto assedio. Mi sono seduto sul mio angolo di letto e ti ho letto le pagine sportive. Ti ho raccontato degli ultimi giorni e massaggiato le mani, ormai sono diventato bravissimo. Sia lodata la vasellina! Comunque, le tue dita non sono più rigide e fredde, e a volte mi sembra che tu risponda al mio tocco. Come oggi. Ero talmente sicuro che mi stringessi le mani che mi sono piegato su di te per guardarti negli occhi. O almeno guardare la minuscola fessura che generosamente ci concedi. I tuoi occhi erano immobili e fissi come quelli del pupazzo di un ventriloquo. Sì, Hannes, mi ricordi il pupazzo di un ventriloquo, perché mi parli ma non dici nulla. Eppure io ti sento lo stesso. Forte e chiaro. Però quando osservo i tuoi occhi che guardano senza vedere, il sospetto che tu stringa le mie mani svanisce all’istante. No, non stringi nessuna mano. Così come non sogghigni, ma la speranza è l’ultima a morire. Quando ho guardato il vecchio castagno davanti alla finestra mi sono accorto che le foglie stanno ingiallendo. Fa caldo e c’è il sole, ma l’autunno sta già annunciando il suo arrivo. I giorni volano e la vita passa e tu non la vedi. Tu non la vedi”.
Per un anno, Uli scrive il resoconto della sua vita sotto forma di lettere che poi legge ad Hannes, immerso in un coma senza uscita, nel suo letto di ospedale. Con intensità e partecipazione ma anche con leggerezza e ironia, il romanzo racconta la profondità di un’amicizia e il dolore del distacco e della perdita.