Kahrù
La storia di un giovane orso dalla folta pelliccia completamente bianca: facile bersaglio per i cacciatori, vive nascosto e isolato dal branco, senza neanche riuscire a procurarsi il cibo. Ma quando arriva l’inverno, potrà finalmente uscire e guadagnarsi il rispetto di tutti.


Un libro senza parole che mostra, attraverso gli occhi di un ragazzo, le difficili storie dei tanti, uomini e donne, che attraversano deserti e mari alla ricerca di un approdo sicuro e di una vita di pace. Le immagini silenziose raccontano mille e mille vite e tutte le volte che si sfogliano di nuovo suggeriscono percorsi e risposte diverse e anche diversi finali.
“Prendete i vostri quaderni e scrivete: “Cosa vorresti fare da grande?” Mi raccomando non copiate!” Quando la maestra propone il titolo del tema, Diego e Marta si guardano perplessi poi lasciano campo alla fantasia e l’elenco dei mestieri che vorrebbero fare è sempre più lungo e vario ma una cosa è certa: sono assolutamente sicuri che non esista un mestiere che uno dei due non può fare perchè riservato solo ai maschi o solo alle femmine.
“Piccolo Orso aveva un ombrello […] quando papà Orso si arrabbiava aveva tuoni nella voce e lampi negli occhi: un vero temporale. Spesso Mamma Orsa e Piccolo Orso avevano paura di lui. Allora Piccolo Orso si rifugiava sotto l’ombrello”. Una storia per dare sostegno a tutti quei bambini costretti a vivere o ad assistere a situazioni di maltrattamento, violenza e conflittualità, per suggerire loro che non sono soli e che la paura può essere superata.
Prima di partire per il fronte, il papà regala ad Andrea una scatola di soldatini. Nelle pagine, il gioco si alterna alla guerra: non servono molte parole per mostrarne tutta l’assurdità in un crescendo che si scioglie nella speranza: “Ricordi? Tu sei quel bambino che gioca. Tu sei Andrea e il tuo papà lo chiami Walter. Ma i nomi non contano nulla, non hanno valore. I nomi si possono cancellare. Sono solo suoni. Tutti bambini sono Andrea e possono salvare i Walter della terra. Lo possono fare. Perchè sono i loro papà”.