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Mese: Marzo 2016

Storia di Giulia che aveva un’ombra da bambino

“Giulia sa ciò che vuole/ e ne parla al suo gatto/ insieme fanno le capriole/ e i suoi genitori danno di matto/ Ma lei vorrebbe/ essere abbracciata/ così com’è”. Belle immagini in bianco e nero, in cui spiccano alcuni particolari di un bel rosso brillante, raccontano di una bambina vivace e determinata cui vanno stretti i riferimenti ad un clichè in cui non si ritrova. E’ un maschio? E’ una femmina? Nel confronto serrato con la sua ombra diventata maschile e poi con un ragazzino reale, Giulia rivendica il suo diritto ad essere come si sente: “La gente dice che le femmine devono comportarsi da femmine, i maschi da maschi. Non si ha il diritto di fare una mossa sbagliata […] Io credo che possiamo essere femmina e maschio, entrambi alla volta se si vuole”.

Maionese, ketchup o latte di soia

Quando Élianor fa il suo ingresso nella classe di Noah, suscita istintivamente ostilità e chiusura, fa anche un odore diverso da quello dei compagni. Ma Noah, incuriosito, decide di avvicinarla: scopre una ragazzina intelligente, determinata, con un papà un po’ strano che, dopo la morte della moglie, si è dato alla meditazione. Scopre una ragazzina decisa a tenere testa al bullo della scuola e, insieme, consapevole delle difficoltà di relazione che il suo essere percepita come diversa determina. Ma scopre anche che si può imparare a fare i conti con l’assenza di una persona cara e che la differenza non impedisce l’amicizia.

La disortografia raccontata da una disortografica

“Io sono una disortografica, ma non mi è stato diagnosticato ai tempi della scuola dell’obbligo […] sono un’osservatrice privilegiata perché il problema posso analizzarlo partendo da quello che gli studiosi non conoscono per arrivare a quello che loro conoscono. Posso studiare il disturbo partendo dal disturbo stesso!”. L’autobiografia dell’autrice si intreccia con una riflessione sui disturbi specifici di apprendimento e con semplici suggerimenti per gli insegnanti e gli educatori.

Zia, lo sai che sei un po’ strana?!

“I medici dissero qualcosa su di me tredici mesi dopo la mia nascita […] non vi illudete, vostra figlia non camminerà mai e non potrà mai condurre una vita normale, sarà un vegetale”. Una forte determinazione e l’appoggio della famiglia, capovolgeranno queste previsioni che tanti si sono sentiti annunciare, senza possibilità d’appello. La storia dell’autrice, narrata in prima persona, è la dimostrazione, se ce ne fosse bisogno, che la disabilità non impedisce di crescere, di avere una vita dignitosa e, anche, di realizzare i propri sogni.

Questa è la vera verità

“Ero perso in pensieri scuri come le nuvole che nascondevano la montagna. Pensieri degli anni passati, i sette anni da quella telefonata in estate che aveva fatto piangere la mamma. Pensieri di studi medici, di letti d’ospedale, di infermiere dalla voce gentile e dagli occhi tristi, di disegni allegri dei compagni di classe […] Pensai a mio nonno […] mi aveva regalato quell’orologio da tasca d’argento e io me lo portavo dappertutto. Lo avevo adorato, finchè le cose non erano peggiorate e il suo ticchettio aveva finito per assomigliare al suono di passi oscuri che venivano  a prendermi. Avevo adorato quell’orologio finchè non avevo cominciato a odiare il tempo. E a odiare il modo in cui fuggiva via”. Mark ha dodici anni e da sette convive con un cancro che ormai pare difficile sconfiggere. E così, in compagnia del suo cagnolino, si lascia tutto alle spalle e parte per un ultimo viaggio. Lungo la strada incontrerà persone diverse, non sempre amichevoli ma il cammino vero lo percorrerà dentro di sè finchè la rabbia, la frustrazione e il dolore che prova si scioglieranno lentamente perché “sulla montagna non mi sentivo più solo. Per niente. Li sentivo tutti intorno a me. Avevo pensato di potercela fare da solo. E invece non potevo. E non volevo. Essere soli è impossibile. E’ questa la verità”.